curiosità stroriche padovane  1°

IL DOGE LOREDAN ESORTA ALLA DIFESA DI PADOVA

Nella Storia d'Italia del Guicciardini (libro VIII, cap. IV) si trova uno stupendo discorso, pronunciato dal doge Leonardo Loredan davanti al Senato della Repubblica Veneta nel 1509, a proposito di Padova.

Com'e noto la nostra città era gravemente minacciata dall'imperatore Massimiliano d'Austria, durante la guerra della lega di Cambrai, che fece muovere l'Impero, la Francia e il Papa contro Venezia sola.

Questo Loredan che fu doge dal 1501 al 1521 appartiene ad una delle più antiche ed illustri famiglie del patriziato veneto. Dopo di lui ebbero tale carica Pietro (1567.70) e Francesco Loredan (1752-62), sicché questa casata diede alla Repubblica ben tre dogi.

II Guicciardini, seguendo 1'esempio degli storici antichi (basta ricordare i maravigliosi « discorsi » nelle Storie di Tucidide) usa far parlare direttamente i personaggi. Questo metodo serve per lo più ad esprimere in forma vivace i pensieri, soprattutto politici, dello storico, rna egli, quando si tratta d 'uomini del suo tempo, riferisce pensieri e parole autentiche. Dato che il Guicciardini nel 1509 aveva ventisei anni possiamo credere che 1'orazione del Loredan si avvicini a quella che fu realmente pronunciata.

Varrebbe la pena di riprodurla tutta, ma lo spazio non lo permette. Ne darò quindi un riassunto e, qui e la, qualche tratto originale, in modo che si possa seguire il pensiero politico del Loredan e nello stesso tempo avere un'idea diretta dell'arte oratoria di quel tempo.
Ecco 1'inizio del discorso:

« Se, come e manifestassimo a ciascuno, prestantissimi Senatori, nella conservazione della città di Padova consiste non solo ogni speranza di potere mai recuperare il nostro imperio, ma ancora di conservare la nostra liberta; e per contrario, se dalla perdita di Padova ne seguita, come e certissimo, l'ultima desolazione di questa patria; bisogna di necessita confessare che le provvisioni e preparazioni fatte insino ad ora (ancora che grandissime e maravigliose) non siano sufficienti ne per quello che si conviene per la sicurta di quella città, ne per quello che si appartiene alla dignità della nostra repubblica ».

Egli continua facendo delle considerazioni molto sagge. Bisogna esser pronti ad ogni sorpresa della fortuna « potente in tutte le cose del mondo, rna sopra tutte le altre in quelle della guerra». E non si deve appoggiare la difesa di Padova soltanto sui mercenari, rna correre « spontaneamente e popolarmente a difenderla coi petti e con le braccia nostre».

La salvezza della patria non e solo un bene pubblico, «rna nella salute della repubblica si tratta insieme il bene e la salute di tutti i privati, congiunta in modo con essa, che non può stare questa senza quella».

Venezia poi, in particolare, e tale patria che merita veramente d'essere amata e difesa, per saldezza e saggezza di governo, per splendore e singolarità di posizione e di edifici. Accenna anche all'abbondanza eli uomini colti nelle Lettere e nella scienza, alla ricchezza di commerci, alla gloria dell'immenso dominio. Elogia inoltre la liberta di Venezia e dei suoi cittadini, che dura da lunghissimo tempo.
 
« Però [= perciò] se fosse lecito che tutti popolarmente andassimo a Padova, che, senza pregiudizio di quella difesa e delle altre urgentissime faccende pubbliche, si potesse per qualche giorno abbandonare questa città, io primo, senza aspettare la vostra deliberazione, piglierei il cammino, non sapendo in che meglio potere spendere questi ultimi di della mia vecchiezza, che nel partecipare colla presenza e can gli ocelli di vittoria tanto preclara; o quando pure (I 'animo abborrisce [sic] di dirlo), morendo insieme con gli altri, non essere superstite alla rovina della patria».

Ma tutti non possono e non e utile che vadano. Propone quindi che 200 giovani nobili, portando seco quanti più uomini consentano le loro ricchezze si rechino a Padova.

« Due miei figliuoli con grandi compagnie saranno i primi a eseguire quel che io, padre loro, principe vostro, sono stato il primo a proporre; le persone dei quali in si grave pericolo offerisco alIa patria volentieri ».

L 'esempio darà piu forza ai mercenari che già sono a presidio della città. II discorso ora si chiude con una nobilissima esortazione:

« Fate voi, Senatori (le parole e i fatti dei quali sono in esempio e negli occhi di tutta la città), fate, dico, a gara ciascuno di voi che ha facoltà sufficienti, e li far descrivere [iscrivere] in questo numero i vostri figliuoli, acciocché siano partecipi di tanta gloria; perche da questo nascerà non solo la difesa sicura e certa di Padova, ma si acquisterà questa fama appresso a tutte le nazioni, che noi medesimi siamo quegli, che col pericolo della propria vita difendiamo la liberta e la salute della più nobile patria che sia in tutto il mondo».

Da questo elevato discorso si possono trarre alcune interessanti considerazioni. In primo luogo notiamo la grande importanza attribuita alla difesa della nostra città e l'adeguatezza delle misure prese. Come ognuno sa una brillante vittoria concluse la latta per Padova. Si può osservare ancora come il Loredan, sostenendo l'intervento di milizie cittadine accanto ai mercenari, precorra nel campo pratico quel grande principio affermato più tardi (1520) dal Machiavelli nell'arte della guerra, cioè che i soldati devono essere cittadini e non mercenari forestieri. Principio ormai adottato da tutti i paesi moderni (salvo qualche rarissima eccezione come la Legione straniera della Francia).
Inoltre si noti la saggezza, il coraggio, lo spirito di sacrificio della classe dirigente veneziana. Si vede che la repubblica veneta fu aiutata si, com'e indispensabile sempre, dalla sua posizione geografica e dalla fortuna, ma soprattutto dal valore del governo che la resse per mille anni.

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Ignazio Sommer (Merzio)